Open Innovation: cos’è, quali vantaggi offre alle imprese e a che punto è in Italia

6 Novembre 2024
Focus On, Business Development, Open Innovation

Il modello di innovazione teorizzato nel 2003 dall’economista statunitense Henry Chesbrough prevede che le aziende possano e debbano ricorrere a risorse esterne come startup e centri di Ricerca per progredire nelle rispettive competenze tecnologiche. In quest’ottica, il report Italian Open Innovation Lookout 2024 “mappa” il mercato dell’innovazione aperta nel nostro Paese e i ruoli dei principali operatori tra cui Intesa Sanpaolo Innovation Center

L’Open Innovation (OI) è un modello di innovazione teorizzato per la prima volta nel 2003 dall’economista e scrittore statunitense Henry Chesbrough, che nel saggio “The New Imperative for Creating and Profiting from Technology” coniò il termine fornendone una prima definizione. Seguendo quanto scritto da Chesbrough, “l'open innovation è un paradigma che afferma che le imprese possano e debbano fare ricorso a idee esogene alla loro organizzazione, così come a quelle endogene, e accedere con percorsi interni ed esterni ai mercati se vogliono progredire nelle loro competenze tecnologiche”.

Open Innovation tra startup e aziende Open Innovation tra startup e aziende

Qual è la differenza tra innovazione aperta e chiusa

Un modello che supera quindi quello tradizionale – noto anche come “closed innovation” – secondo il quale le organizzazioni investono internamente nelle attività di R&D e nella proprietà intellettuale per ottenere idee che portano alla realizzazione di prodotti e servizi innovativi, e conservare (o creare) così un vantaggio competitivo basato sulla commercializzazione degli asset generati dalle proprie attività di ricerca in house.

Il paradigma dell’OI, invece, propone un modello che per stimolare l’innovazione si basa sulla collaborazione e sullo scambio di competenze tra organizzazioni diverse come, ad esempio, startup, centri di ricerca e università. Ovviamente, dal 2003 il modello dell’Open Innovation – o innovazione aperta – si è evoluto, adattandosi di volta in volta ai rapidi cambiamenti del contesto socio-economico globale.

L’evoluzione del significato del termine Open Innovation secondo Henry Chesbrough 

L’Open Innovation è un modello di innovazione distribuita che coinvolge afflussi e deflussi di conoscenza gestiti in modo mirato tra i confini dell’organizzazione fino a generare anche spillover, il fenomeno che avviene quando un’attività economica produce effetti positivi anche oltre gli ambiti per cui agisce”, scrive infatti Chesbrough “aggiornando” la definizione dell’OI.

Inoltre, l’economista californiano sottolinea come l’adozione dell’innovazione aperta non si concretizzi mediante azioni talvolta estemporanee tra cui crowdsourcing, collaborazioni con startup o università, o user innovation, evidenziando invece come la nuova teorizzazione comporta una revisione dei processi aziendali e dei profili lavorativi.

 

Open Innovation Inbound e Outbound: significato, differenze ed esempi

Attualmente coesistono due approcci distinti all’Open Innovation – inbound e outbound – la cui differenza risiede nella direzione dei flussi di innovazione e conoscenza tra un'organizzazione e l’ecosistema esterno alla stessa.

Inbound Open Innovation: come funziona e cosa la caratterizza 

Con Open Innovation Inbound si intende riferirsi al processo con cui un’organizzazione acquisisce conoscenze, idee e tecnologie innovative dall’esterno. Seguendo questo approccio, l’organizzazione si apre agli input esterni collaborando con partner, clienti, fornitori, università o altre realtà per acquisire nuove idee e competenze che, unite alle risorse interne, aumentano e migliorano la sua capacità innovativa.

Tra i vari strumenti dell’Inbound Open Innovation, ad esempio, figurano gli hackaton, le cosiddette call4ideas e call4startups, i programmi di collaborazione con università e centri di ricerca avviati dalle aziende per sviluppare progetti specifici collegati al proprio business, il Corporate Venture Capital e la creazione di incubatori e acceleratori aziendali.

Nelle fasi iniziali, le organizzazioni solitamente collaborano con partner strategici che hanno quale core business queste attività, come Incubatori, Acceleratori e Innovation Hub, prima di acquisire le competenze necessarie per muoversi autonomamente.

Cos’è e cosa caratterizza l’approccio Outbound Open Innovation

L’Open Innovation Outbound, invece, prevede un approccio basato sull’esternalizzazione delle idee, delle innovazioni e delle tecnologie generate all’interno di un’organizzazione. Questo approccio si contrappone a quello inbound, con il flusso di innovazione aperta che si inverte uscendo dal perimetro aziendale per essere messo a disposizione di partner e altre realtà interessate a “contaminarsi”.

Adottando questo approccio, un’organizzazione punta a commercializzare (o valorizzare) le proprie innovazioni mediante partnership, spin-off, accordi di licenza e altre modalità di collaborazione con organizzazioni terze, avendo l’obiettivo di cogliere e sfruttare le opportunità esterne offerte dal mercato, massimizzando così il valore di quanto sviluppato internamente.

In questo caso il flusso dell’OI segue un percorso inverso a quello inbound e porta, ad esempio, alla creazione di spin-off e/o alla distribuzione su licenza delle innovazioni da parte di soggetti terzi, che hanno le risorse e competenze necessarie per commercializzarle efficacemente.

Laboratorio di ricerca in ambito Open Innovation Laboratorio di ricerca in ambito Open Innovation

I vantaggi per le aziende che adottano il paradigma dell’Open Innovation

Il sistema di Ricerca in Italia si distingue per molteplici eccellenze ma la sua efficacia risulta penalizzata dalla capacità limitata di “fare rete”. Per le aziende, spesso non è possibile trovare soluzioni innovative al proprio interno, mentre il mercato risponde a diverse necessità tecnologiche e l’unica difficoltà consiste nel trovare quella adatta al problema che si intende risolvere adottando il paradigma dell’Open Innovation.

Cos’è e che vantaggi offre il Trasferimento Tecnologico

In quest’ottica, acquisire R&D sul mercato (ad esempio brevetti, licenze, partnership e acquisizioni) determina una riduzione dei costi e dei tempi per le innovazioni, con il Trasferimento Tecnologico (Technology Transfer o TT) che permette alle aziende di trovare soluzioni tecniche attraverso l’acquisizione o l’impiego su licenza di know-how specialistico, tecnologie ed esperienze disponibili sul mercato.

Una dinamica che trasferisce beni immateriali (idee e competenze) e materiali (prodotti) determinando l’arricchimento e la valorizzazione del Portafoglio di Tecnologie (PdT) per l’organizzazione che beneficia del trasferimento tecnologico. Ovvero un meccanismo di scambio nel “mercato della conoscenza” che coinvolge università e Centri di Ricerca, oltre a startup, scaleup e PMI innovative.

Technology Transfer: come si concretizza

Solitamente, il TT si concretizza con il passaggio dal mondo della Ricerca verso il settore industriale in cui i risultati trovano applicazione concreta. Tuttavia, il processo può avvenire anche nell’ambito stesso dell’industria mediante l’incontro tra domanda e offerta di tecnologia per rispondere alle necessità di aziende che non sono in grado di sviluppare internamente la tecnologia di cui abbisognano o non intendono farlo.

Le principali modalità attraverso cui si perfeziona il Technology Transfer sono:

  • Trasferimento di brevetto attuato mediante cessione o licenza [Intellectual Property (IP) Advisory & Portfolio Management].
  • Compravendita di un brevetto: genera le basi per la produzione di reddito addizionale sia per il venditore che per l’acquirente della proprietà intellettuale (trasferimento tecnologico).
  • Cessione/Acquisizione d’Impresa o conferimento di ramo d’azienda ad alto contenuto tecnologico (M&A)
  • Acquisizione di know-how e/o risorse specialistiche da Università / Centri di Ricerca e trasferimento degli stessi alle Imprese
  • Erogazione di formazione specialistica relativa a processi innovativi e norme tecniche.

Considerando il caso più rilevante economicamente in cui si concretizza il TT, ovvero il cosiddetto Hi-tech M&A inteso quale sostituto degli investimenti in R&D interni di un’organizzazione, l’efficacia è determinata dal time to market: la velocità di chiusura dell’operazione.

Due sviluppatori di una startup al computer Due sviluppatori di una startup al computer

Il Report Italian Open Innovation Lookout 2024: a che punto è l’Innovazione Aperta in Italia

In uno scenario globale nel quale l’OI è sempre più diffusa e fondamentale per favorire l’innovazione, si inserisce il Report Italian Open Innovation Lookout 2024, presentato il 21 febbraio 2024 al Politecnico di Milano. Lo studio è frutto della collaborazione tra il gruppo di ricerca Innovation & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e il team Lab11, con il coinvolgimento attivo di aziende riconosciute tra i principali attori dell’innovazione che offrono servizi di OI (Provider) – tra cui Intesa Sanpaolo Innovation Center e di aziende considerate leader nella adozione, fruizione e promozione dell’OI (Champion).

Come è stato realizzato il Report Italian Open Innovation Lookout 2024

L’indagine, condotta su 905 organizzazioni italiane e arricchita da survey e interviste di approfondimento, conta su 150 risposte rappresentative di un campione statisticamente rilevante di 400 soggetti partecipanti, e fornisce una panoramica dettagliata avente valore scientifico del mercato dell’Open Innovation in Italia quale “motore” per l’evoluzione e la competitività economica.

Inoltre, la ricerca contribuisce allo sviluppo dell’ecosistema innovativo italiano per far acquisire consapevolezza alle aziende rispetto ai servizi di Open Innovation disponibili, offrendo una mappa rivolta a imprese, manager e professionisti per navigare e comprendere le dinamiche di mercato dell’OI.

Uno studio che mette in luce come gli oltre 900 operatori dell’OI in Italia spazino da società di consulenza a piattaforme di intermediazione, passando per startup, venture builder, incubatori e acceleratori, centri di competenza, innovation hub, fino ad agenzie di trasferimento tecnologico.

Quanto vale il mercato dei servizi di Open Innovation in Italia

Secondo il rapporto, il mercato dei servizi di Open Innovation in Italia ha un valore stimato prossimo ai 696 milioni di euro, con cinque categorie di service provider – corporate innovation hub, società di consulenza, uffici di trasferimento tecnologico, centri di competenza e società professionali per la proprietà intellettuale – che generano l’85% del predetto valore.

Una stima conservativa poiché ottenuta quantificando l’attività delle 15 categorie di attori per i quali sono disponibili dati dettagliati, rispetto alle 25 individuate sulla base dei servizi offerti: dall’assistenza nelle attività di ricerca di finanziamenti a coaching, mentoring e tutoring, passando per la co-creazione fino alla consulenza per la digital transformation o per l’innovazione tout court, includendo altresì formazione mirata, iniziative di networking, e scouting tecnologico e di startup, oltre all’idea sourcing, attraverso ricerche e analisi di mercato per trovare nuove idee.

La crescita dell’Open Innovation in Italia e le sfide che le aziende devono affrontare per ottenere benefici

Inoltre, il Report sottolinea la crescita dell’approccio OI sia nel settore pubblico che in quello privato, coinvolgendo le grandi aziende così come le PMI che, dopo reticenze iniziali, tendono ad appoggiarsi sempre più frequentemente a partner esterni per avviare e implementare le rispettive attività di innovazione, creando così un mercato di servizi avanzati professionalizzato e strutturato.

A questa evidenza, tuttavia, si contrappongono le difficoltà di molte aziende nel tradurre il paradigma dell’OI in benefici tangibili e implementarlo di conseguenza, trovandosi di fronte ostacoli come la cultura organizzativa, la disponibilità di risorse, la gestione della proprietà intellettuale e l’impatto dei sistemi di innovazione nazionali e internazionali.

Per affrontare queste sfide è necessario supportare le imprese nell’adattamento a un ecosistema che cambia senza soluzione di continuità, definendone e condividendone le dinamiche, oltre a promuovere e incentivare collaborazioni di varia natura tra i diversi attori dell’OI, con l’obiettivo di trovare strategie efficaci in grado di facilitare la transizione verso l’adozione dell’innovazione aperta.

 

Il contributo di Intesa Sanpaolo Innovation Center nel Report Italian Open Innovation Outlook 2024

Nel report, inoltre, è presente un opinion piece del Gruppo Intesa Sanpaolo che esplicita come l’innovazione sia un fattore competitivo cruciale nell’economia globale, con il modello tradizionale che da chiuso si è evoluto diventando sempre più aperto, dando così vita a un “ecosistema di innovazione”. Ovvero una rete di relazioni nella quale tutti gli attori coinvolti interagiscono e collaborano per generare innovazione: uno degli elementi imprescindibili per la crescita di sistemi economici evoluti, poiché permette alle imprese di mantenere la propria competitività, fungendo altresì da stimolo per attrarre nuovi investimenti e per sviluppare nuovi prodotti e servizi.

Come Intesa Sanpaolo Innovation Center promuove l’Open Innovation

Partendo da queste premesse, Intesa Sanpaolo Innovation Center è impegnata nello sviluppo di ecosistemi di innovazione aventi respiro internazionale e coordina il network di relazioni del Gruppo con imprese, incubatori, centri di ricerca, università e altri enti per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di innovazione seguendo il paradigma dell’OI.

La Società dedicata alla frontiera dell’innovazione promuove infatti l’Open Innovation negli ecosistemi attraverso programmi di accelerazione per startup ad alto potenziale attivati sul territorio e incentrati su diversi verticali: a Torino con Te­chstars Transformative World che si focalizza su smart city e smart mobility; a Firenze con Italian Lifestyle che interessa settori visti come fiori all’occhiello del Made in Italy, quali sono Moda, Food & Beverage e Turismo; a Napoli con Terra Next incentrato sulla Bioeconomia, con focus su sostenibilità, nuovi materiali e alimentazione funzionale; ad Ancona con Next Age per quanto concerne la cosiddetta Silver Economy; a Venezia con Argo sulla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale del Belpaese e sul turismo responsabile e di qualità; infine a Taranto con Faros che si concentra sulla Blue Economy.

Percorsi cui si aggiungono molteplici programmi stand-alone di accelerazione creati e sviluppati ad hoc per i committenti, attraverso i quali vengono intercettate, selezionate e proposte soluzioni tecnologiche innovative, disponibili sul mercato nazionale e internazionale, generando opportunità di crescita per le aziende clienti anche per linee esterne – ovvero in ottica di Open Innovation – mediante collaborazioni e partnership industriali, accordi commerciali e investimenti.

Inoltre, Intesa Sanpaolo Innovation Center gestisce direttamente un “portfolio di valorizzazione” di startup (attualmente una settantina) già a mercato con applicazioni prevalentemente cross-industry (alcune anche più verticali nei diversi settori), per estendere il reach d’innovazione a un target di clientela più ampio e diversificato. Grazie a un costante presidio sui trend tecnologici, industriali e di consumo, ad attività di analisi dello stato dell’arte e di benchmarking, alla rilevazione di fabbisogni d’innovazione e mercati d’interesse dei clienti, si facilita infatti il matching fra domanda e offerta in logica win-win.

Da ultima – non per importanza – Neva SGR: il Venture Capital di Intesa Sanpaolo. Controllata al 100% da Innovation Center, Neva SGR con il suo portafoglio d’investimento in scale-up hi-tech ad alto potenziale di crescita rappresenta il fiore all’occhiello del riconosciuto impegno del Gruppo nel favorire lo sviluppo di nuove imprese innovative e attrarre investitori nazionali e internazionali, posizionandosi come player di primaria rilevanza a livello europeo sul mercato del capitale di rischio per l’innovazione.

I risultati delle iniziative di Open Innovation di Intesa Sanpaolo Innovation Center

Le iniziative di Intesa Sanpaolo Innovation Center sono accomunate dalla capacità di attrarre e sviluppare il potenziale delle startup, di creare nuovi posti di lavoro, nuove competenze e nuove opportunità per le imprese seguendo il paradigma dell’Open Innovation, con le realtà già accelerate nei suddetti programmi che hanno raccolto più di 90 milioni di euro di investimenti e generato 700 nuovi posti di lavoro.

Infine – come esplicitato nell’opinion piece – l’aumento di competitività passa dalla capacità di “conquistare” e supportare nuovi talenti, nonché dall’intercettare e veicolare nuovi trend per attrarre capitali che possano sostenere la crescita di startup e PMI innovative. Il tutto in un contesto caratterizzato da una costante e rapida evoluzione, nel quale soltanto l’innovazione e le tecnologie di frontiera possono risolvere velocemente grandi sfide globali come il contrasto al cambiamento climatico o l’utilizzo etico dell’Intelligenza Artificiale.